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Pubblicato: Martedì, 04 Giugno 2019

TAR Piemonte: contratto di avvalimento e soccorso istruttorio

Il TAR Piemonte (sez. II 24 aprile 2019 n. 4789 interviene con un’interessante pronuncia sulla possibilità di acquisire, mediante soccorso istruttorio, in una gara gestita sul Mepa, un contratto di avvalimento.

Secondo il Tribunale sabaudo, nell’ambito di una gara gestita sul Mepa, il contratto di avvalimento - presentato a seguito di soccorso istruttorio - firmato digitalmente, ma privo della cosiddetta marcatura temporale rappresenta un documento non autonomamente dotato di certezza temporale e, quindi, non opponibile a terzi, in quanto la data del file è generata dal computer del concorrente e ben potrebbe essere alterata semplicemente regolando data e ora del computer stesso. 

Va, tuttavia, disposta l’ammissione dell’operatore avendo, nel caso specifico, lo stesso - dopo numerosi tentativi di caricamento legati alla dimensione massima dei file accettata dalla piattaforma - inserito entro i termini di scadenza tutti gli altri documenti relativi all’avvalimento previsti dal Codice dei contratti (la dichiarazione di impegni reciproci, l’attestazione del possesso dei requisiti generali anche da parte dell’ausiliaria, l’elenco mezzi e risorse prestate, l’indicazione della SOA dell’ausiliaria, l’indicazione della responsabilità solidale tra ausiliaria e ausiliata). In siffatto contesto, la sussistenza dell’avvalimento ed il suo contenuto sono evincibili dal complesso della documentazione prodotta, essendo stato omesso il solo contratto, regolarmente prodotto in sede di soccorso istruttorio; quest’ultimo documento, munito di data ancorché non certa, esattamente come una qualunque scrittura privata cartacea la cui data non è ex se normalmente “certa”, non per questo non è suscettibile di valutazione nel contesto complessivo della gara. 
Diversamente opinando si dovrebbe sostenere, anche per le gare condotte in forma cartacea, che quasi mai è ammissibile il soccorso istruttorio in mancanza di un documento, non avendo la maggior parte dei documenti ex se data certa, salva evidentemente la loro valutazione di attendibilità nel generale contesto della gara.

TAR Lombardia: il rinvio a giudizio può configurare illecito professionale

Una richiesta di rinvio a giudizio non è certamente ostativa all’adozione di un provvedimento di esclusione da una gara d’appalto, non essendo, infatti, a tal fine necessario che il procedimento penale avviato a carico di un concorrente si sia concluso con una sentenza di condanna a suo carico.

E’ la posizione del TAR Lombardia (Milano sez. I 18 aprile 2019 n. 897).

Tuttavia, osservano i giudici meneghini, una richiesta di rinvio a giudizio, sebbene per gravi reati, in assenza di un autonomo accertamento dei fatti idonei a configurare un grave illecito professionale da parte della stazione appaltante, e di una congrua motivazione sul punto, non può di per sé essere sufficiente a giustificare un provvedimento amministrativo di esclusione, spesso suscettibile di arrecare gravissimi pregiudizi all’operatore economico, e in taluni casi, la cessazione della sua attività.

In assenza di un’autonoma valutazione dei fatti posti a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio, a cui il provvedimento impugnato ha invece sostanzialmente rinviato, lo stesso deve essere annullato, avvallandosi in contrario il principio secondo cui, a fronte di un atto proveniente dal solo p.m., prima ancora che il g.i.p. si sia potuto pronunciare sulla sufficienza ed idoneità degli elementi acquisiti, e prima ancora di potersi difendere nel dibattimento dalle accuse rivoltegli, un operatore economico si vedrebbe preclusa la possibilità di partecipare alle gare d’appalto, ciò che violerebbe i principi fondamentali dell’ordinamento (artt. 27 c. 2 Cost. e 6 c. 2 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).

TAR Lazio: nessun problema in caso di scostamento dalle tabelle ministeriali

Nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima di per sé un giudizio di anomalia o di incongruità, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (TAR Lazio Roma sez. III quater 26 aprile 2019 n. 5253, che richiama Consiglio di Stato, sez. V, 26 novembre 2018, n. 6689 e Consiglio di Stato Sez. sez. V, 18 febbraio 2019 n. 1099).

TAR Lazio: Poste Italiane s.p.a. ha l’obbligo di fare sempre gare? Rimessione alla Corte di Giustizia

Il TAR Lazio (Roma sez. III, ordinanza 26 aprile 2019 n. 5327) ha rimesso alla Corte di Giustizia CE, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, alcuni quesiti, inerenti alla qualificazione della società Poste Italiane s.p.a. ed alla correlata sussistenza di obblighi di espletare gare anche per l’affidamento di contratti non riferibili all’attività propria dei settori speciali.

I quesiti sono i seguenti:

1) se la società Poste Italiane s.p.a., in base alle caratteristiche in precedenza indicate, debba essere qualificata “organismo di diritto pubblico”, ai sensi dell’art 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 50 del 2016 e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE);

2) se detta società sia tenuta a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l’aggiudicazione degli appalti, che siano direttamente riferibili all’attività propria dei settori speciali, di cui alla direttiva 2014/25/UE, in applicazione della quale la stessa natura di organismo di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l’attività contrattuale non attinente, in senso stretto, a tali settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16 (Cass. SS.UU. n. 4899 del 2018 cit. e, per l’ultima parte, Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16 del 2011 cit.);

3) se la medesima società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, resti invece – ove in possesso dei requisiti di organismo di diritto pubblico – soggetta alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgente – in via evolutiva rispetto all’originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza, come desumibile dalla ricordata pronuncia n. C-393/06 del 10 aprile 2008 – Ing. Aigner, ostando ad una diversa lettura la direttiva 2014/24/UE, per contratti conclusi da Amministrazioni aggiudicatrici; il “considerando” n. 21 e l’art. 16 della citata direttiva 2014/23/UE, d’altra parte, pongono solo un parametro presuntivo, per escludere la natura di organismo di diritto pubblico per le imprese, che operino in condizioni normali di mercato, essendo comunque chiaro, in base al combinato disposte delle medesime disposizioni, il prioritario riferimento alla fase istitutiva dell’Ente, ove quest’ultimo sia destinato a soddisfare “esigenze di interesse generale” (nel caso di specie sussistenti e non ancora cessate);

4) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al settore speciale e attività diverse, il concetto di “strumentalità” – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – debba essere inteso in modo non restrittivo (come sinora ritenuto dalla giurisprudenza nazionale, in conformità alla ricordata pronuncia n. 16 del 2011 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato), ostando, a quest’ultimo riguardo, i principi di cui al “considerando” n. 16, nonché gli articoli 6 e 13 della direttiva 2014/25/UE, che richiamano – per l’individuazione della disciplina applicabile, il concetto di “destinazione” ad una delle attività, disciplinate dal Codice dei contratti pubblici. Deve essere chiarito, pertanto, se possano essere “destinate” al settore speciale di riferimento – anche con le modalità vincolistiche attenuate, proprie dei settori esclusi – tutte le attività funzionali al settore stesso, secondo le intenzioni della stazione appaltante (ivi compresi, pertanto, i contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché i servizi di portierato e di custodia degli uffici, o altre forme di utilizzo di questi ultimi, se intese come servizio per la clientela), restando effettivamente privatizzate solo le attività “estranee”, che il soggetto pubblico o privato può esercitare liberamente in ambiti del tutto diversi, con disciplina esclusivamente riconducibile al codice civile e giurisdizione propria del giudice ordinario (di quest’ultimo tipo ad esempio, per quanto qui interessa, è certamente il servizio bancario svolto da Poste Italiane, ma non altrettanto potrebbe dirsi con riferimento alla fornitura e all’utilizzo degli strumenti di comunicazione elettronica, se posti al servizio dell’intero ambito di attività del Gruppo, pur essendo particolarmente necessari appunto per l’attività bancaria). Non sembra peraltro inutile sottolineare lo “sbilanciamento”, indotto dall’interpretazione restrittiva attualmente prevalente, introducendosi nella gestione di settori assimilabili o contigui regole totalmente diverse, per l’affidamento di lavori o servizi: da una parte, le minuziose garanzie imposte dal Codice dei contratti per l’individuazione dell’altro contraente, dall’altra la piena autonomia negoziale dell’imprenditore, libero di operare contrattazioni in funzione esclusiva dei propri interessi economici, senza alcuna delle garanzie di trasparenza, richieste per i settori speciali e per quelli esclusi;

5) se infine l’indizione – con le forme di pubblicità previste a livello sia nazionale che comunitario – di una procedura di gara ad evidenza pubblica, a norma del codice degli appalti, possa rilevare ai fini dell’individuazione dell’area di destinazione dell’appalto, ovvero dell’attinenza di quest’ultimo al settore speciale di riferimento, in senso conforme all’ampliata nozione di “strumentalità”, di cui al precedente quesito n. 5), ovvero – in via subordinata – se l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dallo stesso soggetto che abbia indetto tale procedura di gara, o da soggetti che a detta procedura abbiano vittoriosamente partecipato, possa considerarsi abuso del diritto ai sensi dell’art. 54 della Carta di Nizza, quale comportamento che – pur non potendo incidere, di per sé, sul riparto di giurisdizione (cfr. anche, sul punto, Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16 del 2011 cit.) – rileva quanto meno ai fini risarcitori e delle spese di giudizio, poiché lesivo del legittimo affidamento dei partecipanti alla gara stessa, ove non vincitori e ricorrenti in sede giurisdizionale.

TAR Lazio: se scade il termine di validità dell’offerta…

Secondo la giurisprudenza, il termine di 180 giorni è da considerare quale spatium deliberandi massimo per addivenire alla sottoscrizione del contratto, evitando che ulteriori lungaggini possano andare in danno dell'impresa concorrente ovvero della stessa stazione appaltante ove costretta ad un'aggiudicazione che di fatto non conduce all'esito cui la stessa procedura mira. La sopravvenuta scadenza del termine di validità dell'offerta a seguito dell'eccessivo prolungamento delle operazioni di gara consente all'aggiudicatario la scelta di disimpegnarsi da ogni vincolo negoziale senza incorrere in alcuna sanzione. In sostanza, è riservata all'aggiudicatario, nell'ambito della sue autonome determinazioni imprenditoriali, la scelta se confermare la sua offerta ormai scaduta, addivenendo alla stipula, ovvero esercitare il suo diritto di recesso dalla fase della stipula (TAR Lazio Roma sez. III quater 26 aprile 2019 n. 5302 che richiama TAR Campania, Napoli, sezione III, 14 gennaio 2019, n. 201). 

TAR Lazio: niente accesso se non puoi più ricorrere

Secondo il TAR Lazio (Roma sez. II 16 aprile 2019 n. 4945), l’impresa esclusa dalla gara con provvedimento divenuto definitivo è priva della legittimazione e dell’interesse all’accesso agli atti di gara.

I giudici romani pervengono a siffatta conclusione sulla scorta di un’accurata ricostruzione normativa e giurisprudenziale.

Si legge nella sentenza che, ai sensi dell’articolo 53, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, “Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.”.

La previsione presenta una formulazione identica rispetto a quella precedentemente contenuta all’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in ordine alla quale la giurisprudenza ha da tempo chiarito che si tratta di una “(...) norma eccezionale la cui portata va limitata sia soggettivamente ad altro concorrente che proponga istanza di accesso alla stazione appaltante, che oggettivamente alla sola tutela in giudizio dei propri interessi (cfr. Cons. giust. amm. Sic., 23 settembre 2016, n. 324 e Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1056)” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 27 giugno 2018, n. 3953; Id., 18 ottobre 2017, n. 4813).

E ciò con la precisazione che la disciplina generale degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 rimane, invece, applicabile (unicamente) per i terzi – ossia per i soggetti che si collocano al di fuori della platea dei concorrenti che competono per il bene della vita dell’aggiudicazione – in ragione del rinvio contenuto al comma 1 dell’articolo 53 alla legge n. 241 del 1990 (cfr., in questo senso, le pronunce ora richiamate).

In questa prospettiva, la previsione normativa – che pure sembra ripetere, specificandoli, i principi dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990 sul bilanciamento degli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla riservatezza – “è più puntuale e restrittiva, definendo esattamente l’ambito di applicazione della esclusione dall’accesso, ancorandola, sul versante della legittimazione soggettiva attiva, al solo concorrente che abbia partecipato alla selezione (...) e sul piano oggettivo, alla sola esigenza di una difesa in giudizio (in questa prospettiva, quindi, la previsione è molto più restrittiva di quella contenuta nell’art. 24, l. n. 241 cit., la quale contempla un ventaglio più ampio di possibilità consentendo l’accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale)” (così ancora Consiglio di Stato n. 3079 del 2014).

La giurisprudenza è quindi pervenuta ad affermare che, per i partecipanti alla gara, il rispetto della disciplina dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 50 del 2016 comporta “un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta ed, in conseguenza, il necessario preliminare espletamento della cd prova di resistenza nei confronti dell’offerta della ricorrente, allo specifico fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e la tutela difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa ricorrente, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso” (così Consiglio di Stato, Sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6083).

Coerentemente con la suddetta impostazione, si è ritenuto in particolare – per quanto qui rileva – che “In base al combinato disposto dell’art. 24 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 13 del d. lgs. n. 163 del 2006, nonché in base ai principi affermati dalle Adunanze Plenarie n. 4 del 2011 e n. 9 del 2014 in materia di legittimazione al ricorso del concorrente escluso dalla procedura di gara”, l’impresa esclusa dalla gara con provvedimento divenuto definitivo è “carente della legittimazione e dell’interesse all’accesso agli atti di gara” (cfr. ancora Consiglio di Stato, n. 3079 del 2014, cit.).

TAR Liguria: specifiche tecniche e prova di equivalenza   

Come precisato dalla giurisprudenza, il comma 6 dell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, a sua volta riproduttivo dell'art. 60, paragrafo 4, della direttiva 2014/25, deve essere interpretato nel senso che, “quando le specifiche tecniche che figurano nei documenti di gara fanno riferimento ad un marchio […] l’ente aggiudicatore deve esigere che l’offerente fornisca, già nella sua offerta, la prova dell’equivalenza dei prodotti che propone rispetto a quelli definiti nelle citate specifiche tecniche” (TAR Liguria sez. I 10 maggio 2019 n. 432 che richiama Consiglio di Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1100).

TAR Liguria: le sanzioni antitrust non congiurano illecito professionale

Secondo la giurisprudenza amministrativa, evidenti ragioni di tipicità e tassatività della causa ostativa e correlate ragioni di certezza vantate dagli operatori economici in ordine ai presupposti che consentono loro di concorrere all’affidamento di commesse pubbliche, inducono a ritenere che l’ipotesi di illecito professionale vada circoscritta ai soli inadempimenti e condotte negligenti poste in essere nell’esecuzione di un contratto pubblico, mentre risultano esclusi dal campo applicativo della previsione inibitoria i fatti, anche illeciti, occorsi nella prodromica procedura di affidamento (Consiglio di Stato, sez. V, 5 febbraio 2018, n. 722 e 4 dicembre 2017, n. 5704).

Sulla scorta di siffatti precedenti, il TAR Liguria (sez. I 28 marzo 2019 n. 279) ha escluso la riconducibilità delle sanzioni “antitrust” al novero delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici.

TAR Toscana: il giudice ordinario decide sul danno da “incolpevole affidamento”

Si segnala un’interessante pronuncia del TAR Toscana (sez. I 22 maggio 2019 n. 763) in ordine alla competenza giurisdizionale in tema di risarcimento danno conseguente ad incolpevole affidamento in ordine alla legittimità di un provvedimento amministrativo.

Si legge nella pronuncia che la giurisprudenza della Corte regolatrice è costantemente orientata nel senso che la domanda risarcitoria basata sull'affermazione di aver fatto incolpevole affidamento sulla apparente legittimità del provvedimento favorevole (poi, annullato in autotutela) che, comunque, aveva ampliato la sfera giuridica soggettiva dell'interessato rientra nella giurisdizione dell'A.G.O., non trattandosi di lesione derivante dall'esercizio (illegittimo) del potere pubblico consumato in danno del soggetto istante con sacrificio sostanziale del corrispondente bene della vita, bensì dell'annullamento legittimo in autotutela di un provvedimento di aggiudicazione in precedenza illegittimamente emanato (Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ordinanze 23 Marzo 2011 nn. 6594, 6595 e 6596).

TAR Umbria: la totale assenza del DGUE non è sanabile

Il TAR Umbria (sez. I 8 aprile 2019 n. 190) ha ritenuto che la totale assenza del DGUE determini l’esclusione del concorrente senza possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio.

Nel caso sottoposto all’attenzione del TAR, Il bando di gara prevedeva che il DGUE  fosse contenuto in un supporto elettronico (es. cd/chiavetta usb). Pertanto ai sensi della lex specialis, in questa fase doveva essere trasmesso un unico documento, il DGUE, con le modalità richiamate. Dagli atti di gara è incontestato che la ricorrente abbia trasmesso in busta chiusa unicamente un supporto informatico (CD) vuoto. Appare, pertanto, condivisibile la posizione espressa dalla stazione appaltante nel confermare il provvedimento di esclusione precedentemente assunto, per cui, nel caso di specie la totale assenza del citato documento all’interno del supporto informatico presentato configura la fattispecie prevista dall’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Si legge nella sentenza che, anche di recente, la giurisprudenza ha affermato che, alla luce della “totale mancanza della documentazione amministrativa richiesta dalla legge di gara, deve ritenersi che l’offerta sia incompleta nei suoi elementi essenziali; anzi si potrebbe addirittura dubitare della rituale trasmissione dell’offerta stessa, manifestante la volontà della ricorrente di prendere parte alla gara. Orbene, la giurisprudenza formatasi sull’istituto del soccorso istruttorio di cui agli articoli 38 e 46 dell’abrogato D.Lgs. 163/2006 – ma applicabile anche in vigenza dell’attuale D.Lgs. 50/2016 – esclude che lo stesso possa essere disposto in caso di totale assenza di dichiarazioni o di elementi essenziali ai fini dell’ammissione, pena in tale caso la violazione del principio della par condicio dei partecipanti, dovendosi anche tenere in considerazione un principio di autoresponsabilità dei partecipanti stessi” (Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 23 marzo 2018; cfr. C.d.S., sez. V, 14 febbraio 2018, n. 956 e 19 maggio 2016, n. 2106).

Secondo i giudici perugini, la trasmissione di un supporto vuoto configura nel caso in esame un'irregolarità essenziale non sanabile ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto non consente né l'individuazione del contenuto dell'atto né tanto meno l'individuazione del soggetto responsabile dello stesso, non essendo possibile – neanche facendo riferimento ai dati del mittente presenti sulla busta – ricollegare in modo certo ad un determinato soggetto che rappresenti la società la volontà di quest'ultima di prendere parte alla procedura di gara di cui si discute.

TAR Campania: le carenze del DGUE sono “soccorribili”

Non va escluso il concorrente a causa di carenze riscontrate nel DGUE, in relazione alla omessa compilazione per tutti gli amministratori in carica, alla carenza di informazioni riferite alle “capacità tecniche e professionali” (classi e categorie dei lavori) e delle ragioni per cui l’impresa non è in possesso di certificati relativi a sistemi di garanzia della qualità e del rispetto delle norme di gestione ambientale.

Tali carenze non possono condurre alla estromissione dalla procedura concorsuale, trattandosi di profili certamente emendabili mediante soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83, comma 9, del D.Lgs. n. 50/2016 (TAR Campania Napoli sez. I 15 maggio 2019 n. 2584).

TAR Campania: i vizi del PEF non sono sanabili

Il PEF non può essere tenuto separato dall’offerta e non assurge a mero supporto dimostrativo della semplice fondatezza dell’offerta stessa (sì che un’eventuale sua imprecisione non inficerebbe quella e sarebbe sanabile con il soccorso istruttorio).

Lo afferma il TAR Campania (Napoli sez. VIII 23 aprile 2019 n. 2248), il quale evidenzia come il PEF rappresenti un elemento significativo della proposta contrattuale perché dà modo all’amministrazione, che ha invitato ad offrire, di apprezzare la congruenza e dunque l’affidabilità della sintesi finanziaria contenuta nell’offerta in senso stretto (Consiglio di Stato Sez. V, 13 aprile 2018, n. 2214).

Pertanto anche un vizio intrinseco del PEF - come quello che ha un riferimento temporale diverso da quello stabilito dalla lex specialis di gara - non è sanabile mediante il soccorso istruttorio, perché non configura una mera irregolarità formale o un errore materiale e si riflette fatalmente sulla qualità dell’offerta medesima e la inficia determinando l'esclusione dell'offerta irregolare dalla procedura ad evidenza pubblica, ai sensi dell'art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016.