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Pubblicato: Martedì, 04 Giugno 2019

Corte di Giustizia: esclusione se manca l’indicazione dei costi della manodopera, a meno che…

I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione.

Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.

E’ quanto statuito dalla Corte di Giustizia Europea, Sez.I X, 2 maggio 2019 n. C-309/18.


Corte di Giustizia: concordato in “bianco”

L’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera b), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che consente di escludere da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico un operatore economico che, alla data della decisione di esclusione, ha presentato un ricorso al fine di essere ammesso al concordato preventivo, riservandosi di presentare un piano che prevede la prosecuzione dell’attività (Corte di Giustizia Europea 28/3/2019 n. C-101/18).

Ad. Plenaria: gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera vanno aggiudicato con OEPV

Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera, ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice appalti (d.lgs. 50/2016), vanno comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, anche qualora gli stessi abbiano caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice.

Lo afferma il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria con la sentenza 21 maggio 2019, n. 8.

Si legge nella pronuncia che in questo modo deve essere composto il contrasto di giurisprudenza venutosi a creare per effetto delle pronunce richiamate dalla Sezione rimettente, in particolare per effetto della sentenza della III Sez. del 13 marzo 2018, n. 1609, che pure per un servizio di vigilanza antincendio a favore di un’azienda sanitaria locale, aveva invece affermato la prevalenza del criterio del massimo ribasso ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b), del codice appalti (peraltro supponendo che: «la tipologia di cui alla lett. b) del comma 4 dell’art. 95 attiene ad un ipotesi ontologicamente del tutto differente sia dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art. 95 comma 3 lett. a) che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili»; e non già all’esito di un’analisi del rapporto strutturale tra le due diverse disposizioni di legge).

Consiglio di Stato: no al sopralluogo obbligatorio!

La stazione appaltante, in virtù del divieto di aggravio del procedimento e del principio di massima partecipazione alle gare pubbliche, non può, in assenza di valide ragioni oggettive e immediatamente percepibili legate all’oggetto della gara, subordinare la partecipazione all’effettuazione del sopralluogo (e ricavarne l’estromissione della concorrente nel caso di sua inosservanza).

Lo afferma il Consiglio di Stato (sez. V 29 maggio 2019 n. 3581), il quale rileva come legittimamente il bando di gara oggetto di analisi non prevede l’obbligo di sopralluogo a pena di esclusione, in piena conformità alle statuizioni dell’art. 83, comma 8, ultimo periodo in base al quale “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”. 

A ciò aggiungasi – osservano i giudici di Palazzo Spada - che una simile clausola, ove prevista nella fattispecie, avrebbe violato i principi di massima partecipazione alle gare e divieto di aggravio del procedimento, ponendo in capo all’operatore economico in maniera irragionevole un onere formale sproporzionato e ingiustificato, in quanto la sua inosservanza in alcun modo impediva il perseguimento dei risultati verso cui era diretta l’azione amministrativa, né il suo adempimento poteva dirsi funzionale a garantire il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara.

Consiglio di Stato: da quando decorre il termine per impugnare l’aggiudicazione?

Il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione ma può essere “incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità”.

Lo afferma la sez. V del Consiglio di Stato con sentenza 30 aprile 2019 n. 2796.

Consiglio di Stato: con la firma digitale non serve il documento

Nell’ambito di una procedura telematica di gara, la sottoscrizione dei file con firma digitale non richiede anche l’allegazione del documento di riconoscimento del dichiarante.

Lo afferma il Consiglio di Stato (sez. III 16 aprile 2019 n. 2493), secondo cui dal combinato disposto dell’articolo 65, comma 1, lettera a) del Codice dell’amministrazione digitale e dell’articolo 77, comma 6, lettera b) del Codice dei contratti deriva che l’apposizione della firma digitale, a cagione del particolare grado di sicurezza e di certezza nell’imputabilità soggettiva che la caratterizza, sia di per sé idoneo a soddisfare i requisiti dichiarativi di cui al comma 3 dell’articolo 38 del d.P.R. 445 del 2000, anche in assenza dell’allegazione in atti di copia del documento di identità del dichiarante.

Consiglio di Stato: illegittimi fissare limiti di “localizzazione” territoriale dell’affidatario

E’ irragionevole la clausola che, al di là del corredo motivazionale sotteso, preclude la partecipazione ad una gara di operatori che sono ubicati oltre una distanza minima dal confine comunale (Consiglio di Stato sez. V 15/5/2019 n. 3147).

L’irragionevolezza è ravvisabile nella ristrettezza degli eterogenei parametri fissati dalla lex specialis, che, per quanto finalizzati all’economicità, violano in modo non proporzionato i principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, di matrice anche eurounitaria, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci. La comparazione degli interessi ha condivisibilmente indotto il primo giudice ad affermare che i limiti prima indicati di localizzazione territoriale incidono sulla par condicio della procedura «consentendo la partecipazione solo a imprese che risultino avere una sede entro un ristrettissimo perimetro, con l’effetto di favorire determinati operatori a discapito di altri, senza che detto discrimine appaia giustificato o proporzionato in relazione ad un qualche interesse ritenuto prevalente». 

Consiglio di Stato: iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali

E' legittimo che l’amministrazione richieda l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali come requisito necessario per l’esecuzione del contratto quando la gestione dei servizi di gestione dei rifiuti non costituisce la principale attività contrattuale. Per contro, non si può ricavare un’estensione del principio stesso quando l’appalto abbia ad oggetto proprio tali servizi, per cui l’amministrazione coerentemente eleva tale iscrizione a requisito di idoneità professionale necessario per la qualificazione degli operatori economici nella procedura di gara (Consiglio di Stato sez. V 3 maggio 2019 n. 2881).

Consiglio di Stato: nessun obbligo di associare il professionista che esegue l’incarico 

In base all’art. 46 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, sono ammessi alla partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, tra gli altri, rispettivamente: alla lett. a) i professionisti singoli, associati; -- alla lett. e) i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere da a) a d). 

A sua volta, il precedente art. 24, comma 5 espressamente prevede che “Indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario l'incarico è espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell'offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali.” 

Dalle predette disposizioni è dunque evidente che non vi è alcun obbligo di inserire il professionista nel raggruppamento temporaneo di professionisti ma è necessario, e sufficiente, che l’offerta indichi analiticamente i singoli professionisti designati, le relative specifiche attività e le connesse necessarie qualificazioni professionali. 

Il nuovo codice, sulla scia delle previgenti disposizioni di cui al d.lgs. n.163/2010, quindi ammette la possibilità alternativa dell’offerente di avvalersi di "liberi professionisti singoli o associati" ovvero di inserirli nel raggruppamento temporaneo.

Lo afferma il Consiglio di Stato (sez. V 8 aprile 2019 n. 2276).

Consiglio di Stato: avvalimento di “esperienze professionali” ed obbligo di esecuzione dell’ausiliaria

La nozione di “esperienze professionali pertinenti” ai sensi dell’art. 89, comma 1, D.lgs. n. 50 del 2016 può essere riferibile solo a prestazioni che richiedono l’impiego di capacità non trasmissibili, come avviene negli appalti aventi ad oggetto servizi intellettuali o prestazioni infungibili.

Se, infatti, gli operatori economici possono soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale necessari a partecipare ad una procedura di gara “avvalendosi delle capacità di altri soggetti”, ovvero mediante il trasferimento delle risorse e dei mezzi di cui l’ausiliata sia carente, l’ipotesi contemplata dal secondo capoverso dell’articolo 89 contiene una disciplina più stringente e rigorosa, stabilendo che per i criteri relativi alle indicazioni dei titoli di studio e professionali o esperienze professionali pertinenti “tuttavia” (i.e. in deroga al regime ordinario) gli operatori possano avvalersi della capacità di altri soggetti “solo” se (i.e. a condizione che) questi ultimi eseguano direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richiesti (senza operare alcuna distinzione in base alla natura intellettuale o materiale del servizio da espletarsi).

Lo afferma il Consiglio di Stato (sez. V 3 aprile 2019 n. 2191), rimarcando come la questione sia stata già risolta in senso conforme da un precedente della medesima Sezione (Consiglio di Stato, V, 6 ottobre 2018, n. 5750), inerente una fattispecie del tutto sovrapponibile, ove l’ausiliaria avrebbe messo a disposizione l’avvenuta esecuzione nel triennio antecedente la pubblicazione del bando del servizio di trasporto scolastico effettuato nel territorio comunale per una determinata utenza. 

In tale ipotesi, in cui l’avvalimento riguardava anche la pregressa esperienza maturata nei servizi di trasporto analoghi a quello oggetto di gara, la Sezione aveva già avuto modo di chiarire come l’articolo 89 del d.lgs. 50 del 2016 impone che l’impresa ausiliaria assuma l’obbligo di esecuzione in proprio della prestazione oggetto dell’avvalimento e che sia difforme dal disposto normativo il contratto che non contempli alcun impegno dell’ausiliaria ad eseguire direttamente i servizi per cui le capacità erano richieste, integrante una lacuna non colmabile attraverso il soccorso istruttorio “trattandosi di assenza di un elemento essenziale di tipo negoziale, funzionale alla validità della dichiarazione”.