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Pubblicato: Giovedì, 23 Aprile 2020

Adunanza Plenaria: il concorrente ha interesse all’accesso agli atti dell’esecuzione del contratto

E’ ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22, l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale (Consiglio di Stato Adunanza plenaria 2 aprile 2020 n. 10)

Consiglio di Stato: termine per impugnare: rimessione all’AP

Il Consiglio di Stato (sez. V, Ordinanza del 2 aprile 2020 n. 2215) ha rimesso all’Adunanza plenaria le seguenti questioni:

  1. a) se il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016;
  2. b) se le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenze anche ai soli fini di eventuali responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato art. 29;
  3. c) se la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non sia giammai idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex art. 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art. 76, e legittima soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero dalle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
  4. d) se, dal punto di vista sistematico, la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art. 78, d.lgs. n. 50 del 2018) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare;
  5. e) se, in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016 debba considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde;
  6. f) se idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione debbano considerare quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara.

Consiglio di Stato: illecito professionale e dichiarazioni mendaci: rimessione all’AP

È rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione relativa alla consistenza, alla perimetrazione e agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c e c-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 (Consiglio di Stato sez. V Ordinanza 9 aprile 2020 n. 2332).

Consiglio di Stato: la scelta del contratto collettivo spetta all’impresa, ma…

La sezione III del Consiglio di Stato (sentenza 25 febbraio 2020 n. 1406) torna sull’annosa questione dell’applicazione della tipologia di contratto collettivo da applicare per l’esecuzione di un contratto di appalto pubblico.

Si legge nella sentenza che, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del D.Lgs. n. 50 del 2016, "al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente".

La norma, nell'imporre l'applicazione al personale impiegato nel servizio oggetto di gara di un contratto collettivo (in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, nonché) "strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto", intende riferirsi al contratto che meglio regola le prestazioni cui si riconnette la singola commessa pubblica e che dovranno essere rese dalla categoria dei lavoratori impiegati nell'espletamento del servizio, ad esse riferendosi secondo un criterio di prossimità contenutistica.

E’, infatti, noto che la scelta del contratto collettivo da applicare rientra, in via generale, nelle prerogative di organizzazione dell'imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il limite però che esso risulti coerente con l'oggetto dell'appalto (in termini Cons. Stato Sez. V, Sent., 06-08-2019, n. 5574; Cons. Stato Sez. V, 06/08/2019, n. 5575; Cons. Stato Sez. V, Sent., 23-07-2018, n. 4443; Cons. Stato, Sez. III, 12 marzo 2018 n. 1574; Cons. Stato 276 del 17.1.2018; Cons. Stato, V, 1 marzo 2017, n. 932; V, 12 maggio 2016, n. 1901; III, 10 febbraio 2016, n. 589).

La suddetta libertà di scelta non è, infatti, assoluta, ma incontra il limite, logico e giuridico, della necessaria coerenza tra il contratto che in concreto si intende applicare (e in riferimento al quale si formula l'offerta di gara) e l'oggetto dell'appalto.

Tanto all’evidente fine di garantire, con la generalizzata applicazione dei contratti collettivi, che il personale impiegato sia adeguatamente tutelato per la parte giuridica e percepisca una retribuzione proporzionata rispetto all’attività in concreto svolta ed, allo stesso tempo, sotto diverso profilo, la stessa corretta esecuzione delle prestazioni oggetto della commessa attraverso una vincolante connessione funzionale delle stesse con i profili professionali più appropriati. Del resto, è agevole comprendere come la libertà incondizionata nell'applicare le discipline contrattuali collettive abbia un'inevitabile ricaduta anche sull'offerta, e, mediatamente, sulla effettività del regime concorrenziale (in termini Cons. Stato Sez. V, Sent., 06-08-2019, n. 5574; Cons. Stato Sez. V, 06/08/2019, n. 5575).

Consiglio di Stato: non tutte le varianti previste in gara sono ammissibili

L’art. 106, comma 1, lett. e) del Codice consente la previsione di modifiche in estensione già nei documenti di gara, ma solo se si tratti di modifiche non essenziali ai sensi di tale norma e del comma 4 del medesimo art. 106.

Non sono tali le modifiche che alterano l’equilibrio economico del contratto a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale (Consiglio di Stato sez. V 25 febbraio 2020 n. 1394).

Consiglio di Stato: sempre sanabile l’irregolarità della cauzione provvisoria

L’invalidità della cauzione non costituisce causa di esclusione dalla procedura di gara, ma irregolarità sanabile attraverso il soccorso istruttorio, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza in materia di mancata presentazione della cauzione provvisoria o di sua invalidità (cfr. Cons. di Stato, III, 23 novembre 2017, n. 5467; sez. III, 27 ottobre 2016, n. 4528, che aggiunge la precisazione per la quale il principio esposto trova applicazione a prescindere dall'imputabilità o meno dell'omissione o della irregolarità; nonché in precedenza Cons. Stato, sez. III, 11 agosto 2015, n. 3918; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 687; sez. V, 23 marzo 2018, n. 1846).

E’ la posizione espressa dal Consiglio di Stato (sez. V, 10 aprile 2020 n. 2359).

Consiglio di Stato: escussione cauzione quale conseguenza automatica dell’esclusione

La funzione della cauzione provvisoria è, per un verso, quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese in sede di gara e di garantire la serietà e l'affidabilità dell'offerta e, per altro verso, di precostituire una forma di tutela, a favore della stazione appaltante, per l’eventualità che – per fatto (anche successivo alla formulazione dell’offerta) comunque imputabile alla concorrente risultata aggiudicataria – non si addivenga alla stipula del contratto.

L’escussione della cauzione provvisoria non concreta una sanzione in senso tecnico che colpisca il concorrente per il comportamento tenuto, ma una rappresenta una obiettiva garanzia per il corretto adempimento degli obblighi assunti dagli operatori economici in relazione ad una partecipazione ad una gara di appalto, ivi compresa la dimostrazione del possesso, originario e continuato, dei requisiti dichiarati in sede di offerta e per i quali è avvenuta la ammissione alla gara (Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2018, n. 2896).
Per l’effetto, l'incameramento è conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, e, come tale, non suscettibile di valutazioni discrezionali da parte dell'amministrazione in relazione ai singoli casi concreti: in particolare, è insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che abbia dato causa all'esclusione.

Lo afferma il Consiglio di Stato (sez. V 6 aprile 2020 n. 2264) richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale sul tema (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 589; Id., sez. V, 24 giugno 2019 n. 4328; Id., sez. V, 17 settembre 2018, n. 5424; Id., ad. plen. 29 febbraio 2016, n. 5; Id., sez. V, 13 giugno 2016, n. 2531).

Consiglio di Stato: verifica delle offerte anomale: si alla richiesta di ulteriori giustificativi

E’ consentito alla stazione appaltante richiedere ulteriori chiarimenti o spiegazioni supplementari dopo le prime giustificazioni fornite dall’appellante se essa non abbia maturato il convincimento dell’anomalia dell’offerta.

Lo afferma la sezione V del Consiglio di Stato nella sen tenza del 27 marzo 2020 n. 2146 (con la quale ha riformato la sentenza del Tar Toscana, Sez. I, n. 645 del 2018).

Consiglio di Stato: se manca la firma…

La sottoscrizione dell’offerta è essenziale nelle gare pubbliche sia per verificare la necessaria coincidenza tra il soggetto apparentemente autore dell'atto e colui che lo ha sottoscritto, sia perché quest'ultimo attraverso la firma fa proprio il contenuto del documento.

Pertanto, le domande di partecipazione o le offerte, prive di sottoscrizione, devono normalmente essere considerate inammissibili e devono normalmente essere escluse dalla procedura di gara (Consiglio di Stato sez. III 19 marzo 2020 n. 1963)

Consiglio di Stato: no alle modifiche “essenziali”

Ai sensi dell’articolo 106, comma 1, lett. e) del Codice, è consentita la previsione di modifiche in estensione già nei documenti di gara, ma solo se si tratti di modifiche non essenziali ai sensi di tale norma e del richiamato comma 4 del medesimo articolo.

Non sono tali le modifiche che, come nel caso di specie, alterano l’equilibrio economico del contratto a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale (Consiglio di Stato sez. V 25 febbraio 2020 n. 1394).

Consiglio di Stato: l’approvazione della proposta di aggiudicazione

Si segnala un’interessante pronuncia di legittimità (Consiglio di Stato sez. V 27/3/2020 n. 2148) sulla questione riguardante l’approvazione della proposta di aggiudicazione.

L’art. 32 (Fasi delle procedure di affidamento), comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prevede che: “La stazione appaltante, previa verifica della proposta di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 33, comma 1, provvede all’aggiudicazione”.

Nel nuovo codice dei contratti pubblici risulta eliminata la precedente distinzione tra “aggiudicazione provvisoria” e “aggiudicazione definitiva” e la fase finale della procedura di aggiudicazione si articola nella “proposta di aggiudicazione”, che è quella adottata dal seggio di gara, e nell’ “aggiudicazione” tout court che è il provvedimento conclusivo della procedura (cfr. Cons. Stato, V, 10 ottobre 2019, n. 6904; V, 15 marzo 2019, n. 1710). L’aggiudicazione costituisce un’autonoma manifestazione di volontà dell’amministrazione appaltante, resa all’esito della “verifica della proposta di aggiudicazione”, prevista dal citato art. 32, comma 5.

Si tratta, invero, di un’attività di controllo sulla proposta di aggiudicazione rientrante nel più generale controllo degli atti della procedura che spetta all’amministrazione appaltante (che autonomamente individua l’organo compente, ovvero, in mancanza, il R.u.p), disciplinata dall’art. 33, comma 1, d.lgs. n. 50 cit., a mente del quale: “La proposta di aggiudicazione è soggetta ad approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell’organo competente. In mancanza il termine è pari a trenta giorni. Il termine è interrotto dalla richiesta di chiarimenti o documenti e inizia nuovamente a decorrere da quando i chiarimenti o documenti provengono all’organo richiedente. Decorsi tali termini, la proposta di aggiudicazione si intende approvata”.

La norma regola in realtà il rapporto tra l’attività della commissione (o del seggio) di gara (che formula la proposta) e l’amministrazione appaltante (che deve verificare e controllare la regolarità e la legittimità del procedimento, formulando eventualmente osservazioni o chiedendo chiarimenti), così l’approvazione per silentium della proposta impedisce l’ulteriore attività della commissione e consuma il potere di controllo dell’amministrazione, ma non trasforma automaticamente la proposta di aggiudicazione (ormai definitiva) in aggiudicazione (in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2019, n. 107; III, 16 ottobre 2012, n. 5282; VI, 26 marzo 2012, n. 1766).

Consiglio di Stato: RTI e appalti di forniture e servizi

Per gli appalti aventi ad oggetto servizi (e forniture) resta confermato l’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale dopo la sentenza dell’Adunanza plenaria 28 aprile 2014, n. 27 non può dubitarsi che, negli appalti di servizi e forniture, non vige più ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara; rientra pertanto nella discrezionalità della stazione appaltante sia stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese, sia la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8249; III, 17 giugno 2019, n. 4025; III, 22 maggio 2019 n. 3331; III, 26 febbraio 2019 n. 1327; III, 21 gennaio 2019, n. 487 e n. 488). Siffatto orientamento è stato confermato anche in seguito alla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 6 del 2019 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 2019, n. 7805 in cui “Né la conclusione raggiunta trova smentita nel principio di diritto recentemente espresso con decisione dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio, 27 marzo 2019, n. 6, riferendosi quest'ultimo ai soli appalti di lavori (per i quali trova applicazione la disciplina speciale di cui all'art. 92, comma 2, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), laddove l'odierna vertenza concerne un appalto di servizi, per il quale trovano dunque applicazione i consolidati principi sovra richiamati”).

Lo afferma la sezione V del Consiglio di Stato con la sentenza del 12 febbraio 2020 n. 1101.