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Pubblicato: Sabato, 17 Ottobre 2020

Adunanza Plenaria: la falsità di informazione

La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c-bis dell’art. 80, comma 5, del Codice.

In tale ipotesi, la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo.

Alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;

La lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c-bis della medesima disposizione (Consiglio di Stato Adunanza plenaria 28 agosto 2020 n. 16).

Consiglio di Stato: l’obbligo di gara per i concessionari va in Corte costituzionale

É rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 177, comma 1, del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui stabilisce l’obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere all’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione Europea, di affidare una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica (Consiglio di Stato sez. V 19 agosto 2020 n. 5097).

Consiglio di Stato: irrilevante la mancata annotazione all’ANAC ai fini dell’illecito professionale

Nel catalogo degli illeciti professionali non rientrano solo gli addebiti che hanno comportato l’applicazione di penali ovvero quelli che abbiano dato origine ad una conclusione transattiva del contenzioso avviato dalle parti (Consiglio di Stato, sez. III, 13 giugno 2018 n. 3628), ma anche l’avere reso una falsa dichiarazione in una precedente gara, indipendentemente dal fatto che vi sia stata annotazione da parte dell’ANAC (Consiglio di Stato sez. IV 8 ottobre 2020 n. 5967che richiama il precedente della medesima sezione 19 aprile 2019 n. 2553).

Consiglio di Stato: i servizi “supplementari” che giustificano l’estensione del contratto

La nozione di servizi “supplementari” di cui all’articolo 106 comma 1, lett. b) del Codice, dovendo essere interpretata sia in adesione al suo significato letterale che con il rigore imposto dalla deviazione dalle regole concorrenziali che essa (eccezionalmente) importa, ha riguardo non già a prestazioni meramente aggiuntive, bensì a prestazioni ulteriori, funzionalmente connesse a quella originaria, che la integrino in quanto necessarie (per ragioni sopravvenute) ad assicurare quest’ultima. E’ la posizione assunta dalla III sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 7 ottobre 2020, n. 5962, con la quale ha, quindi, precisato, in relazione al caso di specie, che non ricorre la fattispecie laddove l’estensione ha riguardo a presidi ospedalieri “altri ed autonomi rispetto a quello oggetto del contratto aggiudicato mediante gara”.

Consiglio di Stato: legittima l’OEPV con criteri on/off

Il metodo di attribuzione dei punteggi fondato sul principio “on/off”, di per sé, seppure limiti la capacità progettuale e organizzativa del singolo concorrente, precludendo agli offerenti la possibilità di modulare, sotto il profilo qualitativo, la propria proposta e imponendo una sola risposta binaria (si/no) in corrispondenza dei criteri valutativi all’uopo valorizzati nella documentazione di gara, non esclude la possibilità che tra gli offerenti si svolga, comunque, un effettivo confronto concorrenziale, ove siano definiti criteri di valutazione sufficientemente selettivi, a fronte dei quali, pertanto, non può ritenersi certo che tutti i concorrenti soddisferanno gli elementi tecnici richiesti. Si conferma, dunque, che la mera metodologia di attribuzione del punteggio in concreto prescelta dall’Amministrazione -valutata di per sé, senza tenere conto del grado di selettività dei criteri di valutazione definiti nella documentazione di gara ovvero della presenza di ulteriori criteri valutativi a punteggio graduabile in sede applicativa tra un minimo e un massimo - non può ritenersi ostativa allo svolgimento di un effettivo confronto concorrenziale tra gli offerenti e, pertanto, non può reputarsi in contrasto con quanto prescritto dall’art. 95, comma 10 bis, D.Lgs. n. 50/16 (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 agosto 2020 n. 5026).

 

Consiglio di Stato: il procedimento di verifica di anomalia è, salvo dubbi, “monofasico”

Nessuna disposizione normativa impone al responsabile del procedimento, che ha già richiesto spiegazioni, di assegnare un ulteriore termine al concorrente per integrare o chiarire le deduzioni presentate, né per una eventuale convocazione. 

Infatti, il comma 5 del citato art. 97 descrive ormai un procedimento semplificato, “monofasico” in luogo del procedimento “trifasico” (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio) di cui al previgente art. 87 d.lgs. n. 163 del 2006. 

E’, peraltro, evidente che la necessità di esperire ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale si pone soltanto laddove la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia, “per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva dell’offerta” (Consiglio di Stato sez. IV 7 agosto 2020 n. 4973che richiama Consiglio di  Stato, sez. V, sentenza n. 690 del 28 gennaio 2019).

Consiglio di Stato: il “significativo” scostamento dalle tabelle ministeriali

Il Consiglio di Stato (sez. V 21 settembre 2020 n. 5483) ha ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo il quale, in sede di verifica di anomalia dell’offerta, la difformità del costo del lavoro da quello indicato nelle tabelle ministeriali non è profilo dirimente per trarne la conclusione dell’incongruità dell’offerta, poiché le tabelle costituiscono un mero parametro di valutazione della congruità; sono, infatti, consentiti scostamenti dalle voci di costo ivi riassunte e spetta alla stazione appaltante valutare se si tratti di scostamenti talmente significativi e, comunque, del tutto ingiustificati, da poter compromettere la complessiva affidabilità dell’offerta ed indurre, senza meno, ad un giudizio di anomalia della stessa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694; III, 17 gennaio 2020, n. 414; V, 29 luglio 2019, n. 5353).

Le tabelle ministeriali, infatti, indicano esclusivamente il “costo medio orario” del lavoro elaborato su basi statistiche; esse, dunque, non sono un limite inderogabile per gli operatori economici perché è ben possibile che il costo “proprio” del singolo operatore economico sia diverso dal costo medio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2796, V, 7 maggio 2018, n. 2691; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 6 febbraio 2017, n. 501; V, 25 ottobre 2017, n. 4912).

Consiglio di Stato: che fine fanno le quote dell’impresa che esce dall’ATI?

Una volta consentita la modifica riduttiva della compagine del raggruppamento c.d. abbondante nei casi previsti dai commi 17 ss. dell’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm.ii., sorge l’esigenza – logica prima ancora che giuridica – di attribuire la quota dell’impresa uscita dal raggruppamento a quelle superstiti; in altri termini, la facoltà di riduzione del raggruppamento nei casi previsti dalla legge comporta la necessità di redistribuire le quote; ed infatti, i commi 17 e 19 dell’art. 48, nella versione applicabile ratione temporis, non prevedono affatto che la quota della nuova mandataria debba esattamente corrispondere a quella precedente, ma richiedono unicamente che l’operatore economico subentrante abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori oggetto dell’appalto; opinando diversamente, le quote di qualificazione e di esecuzione della mandataria originaria e di quella subentrante (originaria mandante) dovrebbero essere identiche sin dall’origine (ossia, sin dalla presentazione dell’offerta), il che condurrebbe sostanzialmente ad un’inammissibile interpretatio abrogans della disciplina che ammette le modifiche soggettive (Consiglio di Stato sez. VI 30 luglio 2020 n. 4858).

Consiglio di Stato: lo stand still non impedisce lo svolgimento di attività propedeutiche al contratto

Il c.d. stand still processuale previsto all’articolo 32, comma 11, del Codice configura la regola per la quale la proposizione di un ricorso giurisdizionale con istanza cautelare avverso il provvedimento di aggiudicazione ha l’effetto di impedire la stipulazione del contratto d’appalto per un termine di (almeno) venti giorni.

Osserva il Consiglio di Stato (sez. V 9 settembre 2020 n. 5420) che siffatta regola tutela l’interesse del concorrente non aggiudicatario impugnante l’aggiudicazione, poiché consente il primo vaglio giudiziario dei motivi di ricorso - in sede di decisione sull’istanza cautelare - a contratto non ancora concluso, e, quindi, in condizioni tali da poter assicurare al ricorrente tutela piena (in forma specifica) senza eccessiva compromissione dell’interesse pubblico come, invece, accadrebbe se fosse accolta l’istanza di sospensione dell’aggiudicazione con il contratto già stipulato e l’esecuzione avviata. L’interesse dell’aggiudicatario - come quello, omogeneo, dell’amministrazione - alla celere stipulazione del contratto sono, dunque, destinati a recedere, ma il bilanciamento è garantito dalla durata limitata nel tempo e condizionata dello stand still.

In tal senso, lo stand still comporta – secondo Palazzo Spada - un impedimento procedimentale, ma, proprio per la necessità di bilanciare gli opposti interessi in precedenza descritti, delimitato alla stipulazione del contratto e non, invece, alle altre attività prodromiche alla stipulazione stessa quali la verifica dei requisiti ed ogni altro obbligo previsto dalla legge di gara a carico dell’aggiudicatario: sarebbe, infatti, eccessivamente pregiudicato l’interesse dell’amministrazione, e quello dello stesso aggiudicatario, se, nel tempo di durata dello stand still, non fosse consentito, oltre alla stipulazione del contratto, alcun’altra attività procedurale, considerato che ne verrebbe l’inevitabile allungamento dei tempi per la stipulazione quando, terminato il periodo di stand still per reiezione dell’istanza cautelare o per le altre ragioni previste dal legislatore, detta stipulazione divenisse subito possibile.

Consiglio di Stato: il verbale di infrazione norme sul lavoro può configurare illecito professionale

I verbali di contestazioni delle infrazioni alle norme in materia di lavoro si collocano, secondo la scansione procedimentale delineata dalla l. n. 689/1981, nella fase dell’accertamento: ciò sia in ragione della funzione ad essi attribuita, sia alla luce dell’organo al quale è attribuita la relativa competenza (cfr. art. 13, comma 1, l. cit.: “gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza…”).

Diversamente, l’ordinanza-ingiunzione costituisce espressione del potere, attribuito alla “Autorità competente” per materia, di determinare la somma dovuta per la violazione, ove ritenga fondato l’accertamento, ed ingiungerne il pagamento all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente, anche alla luce degli scritti difensivi eventualmente prodotti dagli interessati, ovvero di emettere ordinanza motivata di archiviazione degli atti (cfr. art. 18 l. cit.).

In siffatto contesto normativo, i verbali de quibus sono suscettibili di integrare la fattispecie delle violazioni “debitamente accertate”, ex art. 80, comma 5, lett. a), del d.lvo n. 50/2016, costituendo appunto esplicazione del potere di accertamento demandato agli organi competenti ed esercitato nelle forme all’uopo previste (e per questo “debite”).

E’ quanto affermato dalla sezione III del Consiglio di Stato con sentenza 24 settembre 2020 n. 5564.

Consiglio di Stato: il principio (derogabile) della suddivisione in lotti

Secondo la giurisprudenza, è escluso che il principio della suddivisione in lotti possa considerarsi un principio assoluto ed inderogabile, essendo riconosciuta, invece, la possibilità di optare per un assetto alternativo mediante una scelta garantita da ampia discrezionalità, che va motivata ma resta sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria. Segnatamente, la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall'ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza(Consiglio di Stato, sez. III, 22 febbraio 2019 n. 1222; 22 febbraio 2018, n. 1138; Consiglio di Stato, sez. VI, 2 gennaio 2020, n.25; Consiglio di Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 123; Consiglio di St., sez. V, 6 marzo 2017 n. 1038).

Affinché, dunque, l’agire della stazione appaltante possa considerarsi legittimo è necessario, verificare se l'Amministrazione ha osservato il "protocollo" operativo, così come enucleato dalla giurisprudenza, che consente di ritenere che il suo modus operandi è comunque conforme al modello legale, laddove quest'ultimo ammette la deroga ad una suddivisione in lotti dell'appalto rigidamente rispettosa dell'interesse partecipativo delle PMI, subordinatamente: 1) all'osservanza dell'obbligo motivazionale, mediante la congrua illustrazione delle ragioni sottese alla suddivisione in lotti concretamente disposta; 2) alla verifica della logicità e plausibilità delle stesse, in rapporto all'interesse pubblico perseguito in concreto (Consiglio di Stato sez. III 30 settembre 2020 n. 5746 che richiama Consiglio di Stato, sez. III, 29 novembre 2018 n. 5534).