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Pubblicato: Lunedì, 07 Marzo 2022

TAR Lazio: iscrizioni nel casellario ANAC con cautela…

Prima di procedere all’iscrizione nel casellario informatico, l’ANAC è tenuta “a valutare l’utilità della notizia alla luce delle circostanze di fatto esposte dall’operatore economico nella sua memoria, poiché effettivamente incidenti sull’importanza dell’inadempimento (ovvero sulla gravità dell’errore professionale commesso) e, in via indiretta, sull’apprezzamento dell’affidabilità della società da parte delle stazione appaltanti, cui è imposta la consultazione del Casellario, per ogni procedura di gara indetta successivamente all’iscrizione” Lo afferma il Tar Lazio sez. I quater 28 febbraio 2022 n. 1307(richiamando (Consiglio di Stato, V, 21 febbraio 2020, n. 1318) rilevando altresì che “le annotazioni ANAC non incidono mai in maniera “indolore” nella vita dell’impresa, anche laddove non prevedano l’automatica esclusione o la conseguente interdizione dalle gare pubbliche, perché comunque rilevanti sia sotto il profilo dell’immagine sia sotto quello dell’aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche” (in tema Tar Lazio, I, 25 febbraio 2019, n. 2178; 11 giugno 2019, n. 7595 e 2 ottobre 2019, n. 11470).

In tal senso, “qualsiasi dubbio sulla affidabilità dell'operatore economico è in grado di ridondare, per esempio, sulla partecipazione delle gare ristrette, ad invito” (Tar Lazio, I, 7 aprile 2021, n. 4107).

TAR Lazio: la procedura “bifasica” della revisione prezzi

La domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione dei prezzi deve essere definita, sul piano processuale, secondo “un'indagine di tipo bifasico volta dapprima all'accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale - aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all'atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto; e solo in un momento successivo alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo”, con la conseguenza che “qualunque provvedimento espresso o tacito che, collocandosi nella prima fase, espressamente neghi la revisione o non dia seguito all’istanza dell’appaltatore, involge posizioni di interesse legittimo e come tale va impugnato nei termini di rito, indipendentemente dalle ragioni sulla cui base la posizione di diniego venga assunta” (Tar Lazio Roma sez. III quater 15 febbraio 2022 n. 1818 che richiama cfr. Consiglio di Stato n. 3827/2018).

Dunque, la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

TAR Lazio: è vietato negare l’accesso, valutando la fondatezza dell’azione

A fronte della palesata necessità di difendere le proprie ragioni in giudizio e considerato che la richiesta di ostensione è stata formulata dopo soli due giorni dalla conoscenza della intervenuta aggiudicazione della procedura in capo alla controinteressata, tale nesso viene anche a configurarsi in termini di stretta indispensabilità idonea eventualmente a prevalere su eventuali segreti di carattere industriale o commerciale, dato che l’art. 53, comma 6, del D.lgs. n. 50 del 2016 dispone che anche in presenza di tali esigenze di segretezza “è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto.

All’Amministrazione è precluso di formulare un giudizio ex ante sulla fondatezza dell’azione giurisdizionale che potrebbe scaturire dalla ostensione degli atti richiesti.

E’ la posizione espressa dalla sezione V del Tar Lazio -Roma con sentenza 15 febbraio 2022 n. 1872.

TAR Lazio: le fatture possono formare oggetto di accesso

L’accesso documentale è pacificamente ammesso anche con riferimento ai documenti relativi alla fase esecutiva del contratto di appalto pubblico, essendo chiara la rilevanza pubblicistica anche della fase di esecuzione dello stesso (in tal senso, ex multis: Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 2 aprile 2020, n. 10).
Con particolare riguardo alle fatture, la giurisprudenza ha più volte precisato come esse rientrino nei documenti amministrativi accessibili, “posto che la richiamata previsione dell'art. 22 individua da un lato, quali documenti amministrativi "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale" (comma 1, lett. d) e dall'altro, quali pubbliche amministrazioni "tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario" (comma 1, lett. e).

Lo afferma il TAR Lazio (Roma sez. III quater 8 febbraio 2022 n. 1490), il quale precisa altresì che in conformità alla predetta norma, non è rilevante né che il documento sia formato dalla pubblica amministrazione, potendo essere solamente dalla stessa detenuto, né che esso sia inerente ad uno specifico procedimento di verifica o controllo da parte delle autorità fiscali.

Inoltre, l'ente destinatario dell'esercizio del diritto di accesso va individuato nel soggetto pubblico o privato che, in relazione alla propria attività amministrativa di pubblico interesse detiene - o comunque è tenuta a detenere - i documenti amministrativi che ineriscono alle predette attività ad essa riconducibili” (cfr. Tar Roma n. 11772/2018).

TAR Lazio: mancata suddivisione in lotti ed esigenza del PNRR

Sebbene la normativa sovranazionale e la disciplina interna di recepimento esprimano un chiaro favor verso la suddivisione in lotti funzionali o prestazionali degli appalti pubblici, è altrettanto assodato come tale suddivisione non rappresenti una scelta obbligata per la stazione appaltante.

Ciò emerge chiaramente sin dal testo della direttiva 2014/25/UE che al considerando n° 78 contempla l’eventualità che l’amministrazione valuti che non sia appropriato suddividere l’appalto in lotti e che, in tali casi, la Stazione appaltante sia tenuta ad esplicare i principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice.

La direttiva poi prosegue esemplificando le ragioni che possono giustificare tale scelta.

Tale disciplina è stata poi recepita dall’art. 51 del D.Lgs 50/2016 che precisa che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti”.

E’, dunque, evidente che la disciplina di settore non rechi un divieto assoluto di bandire una gara d’appalto a lotto unico e che si limiti ad onerare la committenza di fornire adeguata motivazione circa la scelta adottata stante che essa va di diverso avviso rispetto al favor legislativo espresso a tutela delle micro, piccole e medie imprese.

Lo afferma il TAR Lazio (Roma sez. III 26 gennaio 2022 n. 886) il quale, in relazione al caso oggetto della pronuncia, ha rilevato come la stazione appaltante abbia assolto tale onere motivazionale nella premessa del disciplinare di gara laddove ha precisato che “l’appalto non e stato suddiviso in lotti in quanto l’intervento in questione, essendo il primo intervento “massivo” sulla Rete vuole minimizzare il numero di AG del SST minimizzando cosi anche il numero di attività di integrazione Terra – Bordo necessarie all’omologazione di nuove AG su SSB che verranno via via attrezzati. Secondo le disposizioni ERA/ANSFISA infatti ogni nuova Applicazione Generica del SST richiede ingenti costi di integrazione con i Bordi ERTMS su di essa circolanti aumentando i costi complessivi e rallentando il processo di utilizzo dell’investimento”.

I giudici rimani hanno quindi evidenziato che tale motivazione, seppur sintetica, appare ben rappresentare le valutazioni fatte dalla stazione appaltante, la quale, in un contesto connotato da spiccate peculiarità stanti le opportunità non facilmente replicabili offerte dal PNRR, è chiamata a contribuire all’assolvimento di una serie di impegni assunti su base europea dallo Stato Italiano da attuarsi, tra gli altri, tramite lo sviluppo del sistema europeo di gestione del trasporto ferroviario funzionale a garantire l’interoperabilità tra le reti ferroviarie europee.

In tale contesto operativo, recante il vincolo del necessario rispetto di tempistiche molto stringenti (la messa in esercizio di 1400 Km di linee ferroviarie con il sistema ERTMS di livello 2 entro dicembre 2024) la stazione appaltante ha valutato come necessario contenere il numero delle Applicazioni Generiche dei sottosistemi di terra al fine di –correlativamente- ridurre le necessarie complesse attività di integrazione tra le stesse e le applicazioni dei sistemi di bordo.

Tale scelta operata appare ragionevole, proporzionata e immune da vizi logici.

Ciò anche alla luce del fatto che tale scelta appare – anche sotto l’ottica di una valutazione meramente estrinseca - idonea a contenere le tempistiche per il rilascio delle autorizzazioni conseguenti alla verifica della corretta integrazione dei sistemi a terra e a bordo mezzo nell’ambito di una situazione in cui è doveroso tener conto della ristrettezza dei tempi, dell’elevata strategicità dell’intervento, del rilievo anche economico della commessa e delle conseguenze connesse all’eventuale mancato rispetto degli impegni assunti a livello eurounitario.

TAR Campania: la valutazione discrezionale degli illeciti professionali

L’art. 80, comma 5-del d.lgs. 50 del 2016- mira a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di condotta illecita storicamente maturata - per definizione realizzata fuori del contesto procedimentale considerato (nell’ambito del quale incombe sul concorrente solo l’obbligo dichiarativo di non omettere “le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura”) - che per la sua gravità sia in grado di minare l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. 

Tale norma non descrive, dunque, la fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva bensì, nel rinviare all’integrazione dell’interprete per la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi normativa, necessariamente rimette la qualificazione di una condotta come grave illecito professionale ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante, pertanto sindacabile solo nei consueti limiti della manifesta irragionevolezza, illogicità o erroneità (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione III, 7 dicembre 2020, n. 7730 e Sezione V, 24 gennaio 2020, n. 580). 

La valutazione sulla sussistenza di gravi illeciti professionali spetta, quindi, in via esclusiva alla stazione appaltante, costituendo una scelta ampiamente discrezionale; “da ciò consegue che il sindacato del giudice amministrativo sulle relative motivazioni non può che limitarsi al riscontro "esterno" della non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto”. 

E’ la posizione espressa dal TAR Campania (Napoli sez. IV 14 gennaio 2022 n. 299)

TAR Campania: l’insindacabile Agenzie delle entrate…

A fronte di una certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate che attesti l’irregolarità contributiva del concorrente ai sensi dell’art. 80, co. 4, del codice, l’esclusione costituisce un atto dovuto.

Lo afferma il TAR Campania (Napoli sez. I 3 febbraio 2022 n. 775), richiamando un proprio precedente nel quale aveva stabilito che “le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; spetta, infatti, in via esclusiva all'Agenzia delle Entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale dei partecipanti a gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, ciò al pari della valutazione circa la gravità o meno della infrazione previdenziale, riservata agli enti previdenziali (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 8/2012; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2682/2013)” (TAR Campania, Sez. I, 9 gennaio 2020, n. 114).

TAR Umbria: subappalto e lavoro autonomo

Posto che la fattispecie di cui all’art. 105, c. 3, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 non integra una deroga al subappalto, poiché con essa il legislatore ha inteso delimitare i confini della nozione di subappalto rilevante ai fini della normativa sui contratti pubblici, la disciplina in tema di subappalto non è estendibile in presenza di un rapporto di lavoro autonomo, a meno che non si dimostri che il relativo contratto sia stato stipulato per costituire solo uno schermo per il contratto di subappalto.

TRGA Bolzano: illecito professionale e obbligo informativo

La valutazione della stazione appaltante dell’integrità e affidabilità dell’aggiudicatario è espressione di ampia discrezionalità, che si sottrae naturalmente al controllo giurisdizionale di legittimità, salvo che la valutazione sia manifestamente illogica, irrazionale, contraddittoria, arbitraria o basata su errori di fatto.

A differenza dell’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis), la violazione dell’obbligo informativo secondo la lett. c-bis) esige per l’esclusione dal procedimento di gara una indispensabile valutazione in concreto: quindi la stazione appaltante dev’essere messa nella condizione di poter giudicare dell’affidabilità professionale dell’operatore economico sulla base di elementi conoscitivi da parte del partecipante alla gara; quel che conta pertanto è la rilevanza delle informazioni da rendere (cd. “material information”), cioè la loro idoneità a incidere sul processo decisionale della stazione appaltante. Dunque, per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico, sono posti a carico di quest’ultimo i c.d. obblighi informativi: l’operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti. Inoltre, la violazione degli obblighi informativi può integrare, a sua volta, il “grave illecito professionale” endoprocedurale, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare tale omissione o reticenza pervenuta attraverso altre fonti, ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico: tale corrispondente attività dell’amministrazione di verifica, valutazione e decisione presuppone pertanto a monte, all’evidenza, la completezza del patrimonio conoscitivo che è la risultante delle dichiarazioni rese dalle imprese concorrenti (Tribunale Regionale Giustizia Amministrativa Trentino Alto Adige Bolzano 26 gennaio 2022 n. 21)

TAR Abruzzo: gara in lotti e collegamento sostanziale

L’esclusione prevista nel caso di cui all’articolo 80 comma 5, lett. m), del nuovo codice degli appalti pubblici, non trova applicazione nel caso di appalti suddivisi in lotti plurimi, atteso che essi sono valutati in giurisprudenza come tante gare distinte, e dunque il collegamento sostanziale o formale tra due partecipanti in due distinti lotti non integra il divieto della offerta plurima nella medesima gara che tale disposizione mira a rendere effettivo.

Tuttavia, nel caso in cui i distinti lotti siano tra loro collegati attraverso la previsione del divieto di aggiudicazione plurima di più di un lotto per operatore economico, la regola in esame deve trovare di nuovo applicazione, in quanto ne riemerge la ratio di preservare condotte elusive anticoncorrenziali, che nella specie si sostanziano nell’aggirare il divieto di aggiudicazione plurima imposto dalla stazione appaltante (Tar Abruzzo Pescara sez. I 26 gennaio 2022 n. 44)

TAR Sardegna: se manca il documento di identità sono guai

L'assenza della copia fotostatica del documento di identità che deve essere allegata alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, in sede di gara, non determina una mera incompletezza del documento, idonea a far scattare il potere di soccorso della stazione appaltante tramite la richiesta di integrazioni o chiarimenti sul suo contenuto, bensì la sua giuridica inesistenza, con la conseguenza che, in ossequio al principio della par condicio e della parità di trattamento tra le imprese partecipanti, l'impresa deve essere esclusa per mancanza della prescritta dichiarazione; è quindi legittima l'esclusione dalla gara del concorrente che non ha allegato alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, da unire all'offerta tecnica per attestarne un requisito, la copia fotostatica del documento di identità del dichiarante, trattandosi di omissione che, ai sensi dell'art. 83, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non poteva essere sanata con il soccorso istruttorio.

E’ la posizione espressa dal Tar Sardegna con la sentenza della sezione I, 24 febbraio 2022 n. 127.

TAR Catania: l’affidamento del servizio di distribuzione carbolubrificanti è soggetto al Codice!

L’art. 11, comma 5 ter, l. n. 498 del 1992 – che in tema di affidamento dei servizi di distribuzione carbolubrificanti e delle attività commerciali e ristorative nelle aree di servizio delle reti autostradali deroga a quanto previsto dal comma 5 lett c), ed ossia alle disposizioni di cui agli artt. 142, comma 4, e 253, comma 25, d.lgs. n. 163 del 2006 – deve ritenersi implicitamente abrogato con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016. 
Lo afferma il TAR Sicilia Catania (sez. IV 7 gennaio 2022 n. 33).

Secondo i giudici etnei, il d.lgs. n. 50 del 2016 ha mutato radicalmente la disciplina generale di riferimento in ordine all’affidamento delle concessioni e non può più ritenersi prevalente (o meglio in auge) e dunque applicabile la disciplina speciale di cui all’art. 11, comma 5 ter, l. n. 498 del 1992, essendone venuto meno il suo espresso presupposto legittimante l’applicazione, ossia il suo carattere derogatorio rispetto al d.lgs. n. 163 del 2006. Con l’abrogazione, infatti, della normativa generale di riferimento introdotta nel 2006 e la sua sostituzione con altra successiva di tenore assai diverso per quanto concerne l’affidamento proprio delle concessioni, l’intera disciplina derogatoria di cui all’art. 11, comma 5 ter, l. n. 498 del 1992 ha perduto il presupposto legittimante della sua stessa rilevanza, dovendosi, quindi, ritenere ormai implicitamente abrogata dall’avvento di una nuova disciplina generale di mutato tenore rispetto a quella precedentemente in auge e sostituita.
Né, peraltro, può ritenersi qualificabile il richiamo del d.lgs. n. 163 del 2006 contemplato dall’art. 11, comma 5 ter, l. n. 498 del 1992 alla stregua di un rinvio materiale e quindi mobile, tale cioè da operare anche in caso di abrogazione e sostituzione ad opera di una nuova disciplina della normativa generale derogata (come nell’occasione accaduto), poiché il predetto richiamo assolve ad una funzione non recettizia ma derogatoria della disciplina generale, al punto da qualificare la disciplina in deroga non come speciale ma proprio come eccezionale (considerato che la peculiarità che la contraddistingue non è costituita da qualche elemento specializzante per specificazione o per aggiunta rispetto alla disciplina generale, ma proprio dalla sua aperta contrarietà alla regola generale). S

e, infatti, il legislatore anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 avesse inteso espressamente mantenere ferma la disciplina derogatoria di cui all’art. 11, comma 5 ter, l. n. 498 del 1992 avrebbe dovuto aggiornarne il testo adeguandolo al mutato quadro normativo generale di riferimento contraddistinto, proprio con riguardo all’affidamento delle concessioni, da una rinnovata concezione dell’intera disciplina. E poiché ciò non è accaduto, l’art. 11, comma 5 ter, l. n. 498 del 1992 deve ritenersi implicitamente abrogato dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016.